Un allenamento insolito di cui non hai mai sentito parlare
Stare in squat per 8 ore di fila sotto il sole cocente può sembrare una nuova mania del fitness o un allenamento particolarmente diabolico. Guardando più da vicino, però, vedrai comparire stivali di gomma, pantaloncini di jeans e un paio di cesoie in acciaio inossidabile ormai appiccicaticce. L’indizio più chiaro è il paesaggio: filari interminabili di Pinot Nero e Chardonnay che si estendono lungo la Côte-d’Or, il fruscio delle foglie nella brezza e cartelli temporanei su ogni stradina con la scritta “Attenzione: vendemmia in corso”. Non sarà l’ultima tendenza in fatto di allenamento, ma la vendange è la massima espressione del fitness alla francese.
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Quando si sente la parola “vino”, non viene proprio da pensare al fitness. Ma la vendange, ossia la vendemmia, è una delle attività fisicamente più intense in cui mi sia mai cimentata. E lo dice una che ha fatto sci di fondo ai piedi del Monte Bianco per tre giorni interi senza aver mai toccato un paio di sci prima. Il primo anno in cui ho fatto le valigie per andare a Nuits-Saint-Georges, non sapevo cosa aspettarmi. Ma ormai, dopo tre anni di lavoro come couper per la cantina Domaine Vincent Ledy, ho imparato a prepararmi, resistere e sfruttare al meglio 72 ore di squat, raccolta dell’uva, ancora squat e, di tanto in tanto, qualche assaggio.
Non tutti i vigneti affrontano la vendemmia allo stesso modo: alcuni optano per l’uso di macchinari pesanti, mentre altri preferiscono rispettare la tradizione, prendersi cura della terra e, per dirla senza mezzi termini, spaccarsi la schiena. In Borgogna, le viti sono tipicamente “vecchie”, il che significa che sono state piantate in media 50 anni fa, i piedi non sono mai a più di 30 cm da terra e i grappoli maturi si trovano rasoterra. Per non farsi scappare nemmeno un grappolo bisogna accovacciarsi, strappare le foglie, afferrare saldamente le forbici, o sécateur, dopo aver individuato il peduncolo e staccare il grappolo dalla vite, lasciandolo cadere nel secchio.
Fitness all’aria aperta
Mi piace pensare alla raccolta dell’uva come al super set più difficile del mondo. Si inizia con uno squat, poi si continua con una serie di sollevamenti laterali e in avanti, abbinati a un esercizio di presa con la mano destra stringendo i sécateurs, resi appiccicosi dal succo d’uva accumulatosi negli anni. C’è anche un elemento mentale: non ci sono timer per il Tabata e non si contano i secondi che mancano per appoggiare finalmente le ginocchia a terra dopo un plank, ma basta guardare alla propria destra per vedere file su file di grappoli da raccogliere.
A volte si chiacchiera con gli amici, altre invece non si vede l’ora di arrivare al palo di legno successivo per avere un riscontro dei progressi fatti. C’è un obiettivo da raggiungere all’orizzonte. E no, non è il vino: è storia.
Per come la vedo io, il fitness consiste nel sentirmi connessa col mio corpo, pormi un obiettivo e superare i miei limiti. Quando sono in mezzo ai vitigni, ogni taglio, ogni grappolo e ogni squat mi connettono alla storia di questo momento. Proprio come negli sport di squadra, non si tratta solo di me. Tutti quelli che lavorano per Domaine sono parte di qualcosa di più grande, che mette in secondo piano anche i quadricipiti che bruciano e le ginocchia scricchiolanti: il ciclo di vita del vigneto. I secchi riempiti riescono a farti sentire parte di una tradizione che dura da decenni. Quando fra tre anni degusterò l’annata 2022, mi ricorderò del clima, delle chiacchiere e della stanchezza, così come mi ricordo dov’ero quando la Francia vinse la Coppa del Mondo nel ’98 e di come rimasi a bocca aperta quando Zidane diede quella famigerata testata nel 2006. La raccolta dell’uva può sembrare uno sport di resistenza, ma la vendemmia è in realtà uno sport di squadra.
Conto alla rovescia per il casse-croûte
Uno dei miei momenti preferiti in vigna è il casse-croûte, lo spuntino: un’occasione conviviale che si svolge dopo aver finito la prima parte della mattinata, quando tutti i coupers, i raccoglitori, fanno una pausa per la colazione. Dai sacchetti delle pasticcerie sbucano croissant caldi, caffè, tazzine e acqua. Questa tradizione è alla base del fitness alla francese: prima il dovere e poi il piacere. Non ci sono sensi di colpa o malizia, ci si gusta ogni briciola e ogni sorso. Il duro lavoro sembra addirittura più leggero, finché non ci si accovaccia di nuovo e si sente un bruciore che parte dai polpacci e arriva fino ai dorsali.
Quest’anno, ho alzato l’asticella del nostro casse-croûte portando qualche barretta proteica di foodspring da condividere. Dopo che i croissant sono stati spazzolati, le barrette proteiche ci hanno garantito un livello di energia che i carboidrati semplici non sono in grado di fornire. Abbiamo scherzato tutto il pomeriggio dicendo che chi aveva mangiato una barretta intera aveva finito i suoi filari più velocemente, ed era proprio così.
È opinione comune che ci si possa dedicare al fitness solo in palestra o in pista. Il fitness, però, può assumere forme diverse: portare i bambini in giro per casa, montare mobili Ikea e persino, anzi soprattutto, raccogliere l’uva. In effetti, la vendemmia è una delle attività fisicamente più faticose che abbia mai provato e lo dico con cognizione di causa, visto che ho giocato a rugby a livello nazionale.
Prima di andare in Borgogna per la vendemmia, pensavo di aver raggiunto l’apice dei miei limiti fisici nelle mischie, dove tallonavo la palla mentre mi concentravo per non cadere e per avanzare correndo quando la mischia si concludeva. Avanzavo con un placcaggio, una ruck e uno scatto alla volta. Ora che so cosa vuol dire, sia fisicamente che mentalmente, trovarsi tra i filari di un vigneto, percorrere i 100 m di un campo da rugby inseguita da 15 giocatrici forti, veloci e scatenate in confronto mi sembra una passeggiata.
Una differenza degna di nota è che i tornei di rugby in genere non si concludevano con gustose fettine di Brillat-Savarin e degustazioni di vini direttamente dalla botte.
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Fonti dell’articolo
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